livello di descrizione fondo
codice di classificazione FF.00026
tipologia fondo
estremi cronologici 1921 - 1973 (alcune fotografie risalgono anche alla fine dell'800-inizio del '900)
segnatura definitiva FPS
descrizione fisica serie 7 sottoserie 27 sottosottoserie 5 fascicoli 558 sottofascicoli 214
descrizione del contenuto
Premessa
Il Fondo conserva documentazione prodotta e raccolta dal militante comunista, dirigente politico e studioso Pietro Secchia (Occhieppo Superiore, 1903 - Roma, 1973) soprattutto a partire dagli anni del secondo dopoguerra: un archivio personale che non è solo traccia documentale della ricca biografia del suo soggetto produttore e delle vicende del partito di cui fu esponente di spicco, il Partito comunista italiano, ma anche un'importante fonte per la storia di una generazione di uomini e donne che hanno attraversato il fascismo e ne sono stati perseguitati, innervando la Repubblica di una classe dirigente nuova, alla ricerca di un punto di equilibrio tra tensione rivoluzionaria e spinte riformiste, identità e allargamento del consenso. La parabola di Secchia, «rivoluzionario di professione» vittima delle persecuzioni del regime, comandante partigiano, senatore della Repubblica, storico e memorialista, vive nelle decine di migliaia di carte e fotografie che ci ha lasciato: corrispondenza, discorsi, relazioni di viaggio, rapporti e interventi in sede di partito, quaderni, scritti editi e inediti, raccolte documentarie e materiale preparatorio di ricerche e pubblicazioni. Altrettante tracce di una sua costante attenzione alle fonti storiche per la costruzione del discorso pubblico, di un ancoraggio dell'impegno politico a iniziative editoriali di larga diffusione e della costruzione di un metodo politico-culturale in grado di trasmettere alle nuove generazioni un sistema di valori improntati a un lungo e vigile antifascismo.
Non si può tuttavia dimenticare che l'archivio di Secchia è stato oggetto, ancor prima della sua morte, di molte speculazioni e sospetti, tanto da parte dei suoi avversari quanto, per ragioni opposte, da parte dei suoi amici e collaboratori. Il suo ordinamento e la sua descrizione analitica permettono finalmente di decostruire questo "mito", mostrandone in totale trasparenza contenuti e lacune e tentando di raccontarne la complessa vicenda storico-archivistica (che quei contenuti e quelle lacune contribuisce a spiegare).
Durante il Comitato Centrale del 26 luglio 1963 Palmiro Togliatti attaccò frontalmente Pietro Secchia per il suo intervento critico nei confronti delle posizioni del Pci sul conflitto sino-sovietico: un intervento inaccettabile per «forma e contenuto» e, per di più, «preparato prima, scritto a macchina senza dubbio per poterne conservare copia negli archivi di casa». «Ma dove vanno a finire poi questi archivi?» insinuava il Segretario. A riportare l'aneddoto sono i diari dello stesso Secchia, che commentava come Togliatti, con la sua reazione, «[avesse] dimostrato di avere una paura terribile del "mio archivio". Non è solo il dove va a finire, ma Togliatti non vorrebbe che rimanesse traccia di certe posizioni sue e di altri non d'accordo con lui. Lui sa benissimo che la scure non può cancellare ciò che la penna scrive» (cfr. Archivio Pietro Secchia 1945-1973, a cura di Enzo Collotti, «Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli», XIX, 1978, pp. 481-483). Come si è accennato, la paura e il sospetto hanno aleggiato a lungo intorno alle carte di Secchia, dipinto come pericoloso testimone di eventi-chiave delle vicende interne del Pci, antagonista di Togliatti e dunque esponente di un'ipotetica linea alternativa, se non addirittura capofila di una vera e propria fronda. Alla metà degli anni cinquanta, Secchia fu estromesso dagli organi dirigenti del partito in seguito a un incidente dalle conseguenze personali e politiche disastrose: la fuga, il 27 luglio 1954, del suo più stretto collaboratore, Giulio Seniga, con un'ingente somma di denaro sottratta ai fondi di riserva del Pci e qualche documento riservato (di qui il velenoso cenno di Togliatti ai suoi archivi). Non basta. Da Seniga in fuga Secchia ricevette un biglietto compromettente, che insinuava pesanti sospetti sulla sua stessa lealtà (su tutta la vicenda cfr. M. Albertaro, Le rivoluzioni non cadono dal cielo. Pietro Secchia, una vita di parte, Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. 160-180). Il Pci affidò le indagini su quanto accaduto a un'inchiesta interna, alla fine della quale fu richiesta a Secchia una pesante autocritica, che non fu sifficiente a evitargli l'allontanamento dalla Direzione e il trasferimento in Lombardia, in veste di segretario regionale.
La strada per "disinnescare" gli aspetti scandalistici del caso Seniga - intorno al quale si è costruita negli anni un'ampia letteratura di stampo marcatamente anticomunista - e liberare l'archivio di Secchia dell'alone di mistero che per troppo tempo lo ha avvolto, è quella di concentrarsi sul significato che questo "accidente" ebbe per la vita non solo politica ma anche personale del suo soggetto produttore. La ferita provocata dai fatti del luglio 1954 può essere infatti considerata l'atto di nascita del Fondo Secchia. È a partire dalla necessità di difendere il proprio operato di fronte alle accuse e ai sospetti che egli cominciò a lavorare a una ricostruzione meticolosa del proprio passato, raccogliendo documenti e testimonianze sulla storia del Pci (che egli considerava a tutti gli effetti coincidente con la propria biografia) e cominciando ad affidare a una serie di quaderni le sue riflessioni e i suoi ricordi, alla ricerca «di quei momenti che [potevano] avergli creato attriti con il resto del gruppo dirigente del partito» (ivi, p. 184). Il bisogno di reinventare i contorni del suo impegno lo condussero, soprattutto a partire dalla metà degli anni sessanta, a un'attività editoriale e di ricerca instancabile, che testimonia proprio questo doppio binario di storia e memoria come orgogliosa rivendicazione della propria vicenda militante. Scrivere e riscrivere la storia dell'antifascismo, della Resistenza e del Pci diventò per Secchia lo strumento attraverso il quale edificare per i posteri il proprio monumento. Un esercizio di autorappresentazione di cui fa parte a pieno titolo anche la costruzione e la trasmissione del proprio patrimonio documentario. Sembrano dunque perfette, per testimoniare questa forte volontà di non essere dimenticato, le parole con cui Secchia chiudeva la lettera-testamento scritta al figlio adottivo Vladimiro il 24 agosto 1972, interamente dedicata a renderlo edotto sulla situazione dei suoi scritti, editi e inediti: «so di aver dato un contribuito di primo piano alla costruzione di un grande Partito, a mantenerlo attivo e in azione negli anni della illegalità, so di aver dato un notevole contributo all'organizzazione ed al successo della Resistenza in Italia, ed anche nel dopoguerra a sostenere un determinato indirizzo in seno al PCI. Sono convinto che se le mie posizioni fossero state seguite, noi non ci troveremmo nelle condizioni di oggi. Non dico che si sarebbe potuto fare la rivoluzione. Ma certo si poteva fare molto di più, mantenendo il carattere rivoluzionario al partito, per sostenere, difendere, e portare avanti certe posizioni che avevamo conquistate. Questi sono i motivi per i quali sarebbe mio desiderio che molti miei scritti fossero pubblicati e resi noti. [
] Ciò servirà a dare delle idee, degli orientamenti, delle speranze ai giovani. Servirà a dimostrare che per tutta la mia vita pur essendo sempre stato un comunista e un rivoluzionario ed avendo lottato soprattutto contro il capitalismo, per la rivoluzione socialista, non ho mancato di lottare anche in seno al mio partito per sostenere e fare trionfare certe posizioni contro il revisionismo e contro l'opportunismo di ogni sorta».
1. Storia archivistica
Originariamente conservato nell'abitazione romana di Secchia, dopo la sua morte (7 luglio 1973) l'archivio fu oggetto di interesse e preoccupazione da parte dei vertici del Partito comunista, che avrebbero desiderato acquisirlo (insieme alla sua casa) così come era già avvenuto per le carte di altri dirigenti scomparsi. Aveva scritto Secchia a proposito di eventuali "pretese" del Pci a Vladimiro nella già citata lettera-testamento: «se ti chiedessero di avere tutti gli scritti [è interessante notare come Secchia non parli mai esplicitamente di "archivio", contrariamente a quanto accade, per esempio con la sua biblioteca, più volte citata come tale] devi dire chiaramente: in primo luogo che tutti i documenti che io ho, li hanno anche loro all'Istituto Gramsci. In secondo luogo che per quanto riguarda le centinaia di miei articoli, saggi, ecc., questi sono pubblicati sull'"Unità", "Rinascita", "Critica marxista", "Vie Nuove" e quindi se desiderano pubblicarli in volumi lo possono fare benissimo, senza che tu debba consegnare loro le copie già ordinate che sono in casa. [
] Di fronte ad un'eventuale domanda perché non consegni loro tutto devi rispondere chiaramente: perché voi metterete tutto in una cantina o brucerete tutto, comunque seppellirete tutto. E tutto finirà con lui nella tomba. Ora questo non deve avvenire. Non crediate che di lui non se ne parlerà più. Di lui se ne parlerà ancora come si parlerà delle lotte da lui combattute, dell'azione da lui compiuta, delle sue posizioni rivoluzionarie, del contributo che egli ha dato alla fondazione del P.C.I. ed a fare di questo partito un grande partito. Diverso certo da quello che ne avete fatto voi in questi anni. Devi quindi chiedere loro: quali garanzie voi mi date che gli scritti da lui lasciati verranno da voi pubblicamente utilizzati?». Nonostante il tono polemico, la lettera si concludeva con l'apertura a un possibile accordo con l'Istituto Gramsci, a patto «1) che una sala dell'Istituto sia aperta ed a disposizione degli studiosi col nome di Biblioteca: Pietro Secchia; 2) che anche gli scritti siano tutti consultabili dagli studiosi e da chi li vuole leggere; 3) che vi sia l'impegno se non a pubblicare tutto, a pubblicare le parti più importanti ancora inedite» (ibidem). Qualche dubbio era avanzato, invece, sulla proposta di Giuseppe Del Bo di acquisire l'archivio per l'Istituto Feltrinelli, perché la morte di Giangiacomo e l'imminente trasformazione in Fondazione presentavano troppe incognite sul suo futuro («non so precisamente a chi andrà nelle mani», ibidem).
Dopo la morte di Secchia della questione si occuparono (per sua precisa volontà, come mostra un biglietto del 1° gennaio 1973 allegato alla lettera del 24 agosto 1972) il fratello Matteo e l'amico Arnaldo Bera. Alla loro personale diffidenza nei confronti dei vertici del Pci si deve, probabilmente, la ricerca di una soluzione alternativa all'Istituto Gramsci, che si concretizzò, fin dall'agosto 1973, nella proposta della creazione di un "Comitato di garanti", la cui idea sembrerebbe essere stata suggerita da Del Bo, interessato ad acquisire archivio, biblioteca e impegno di pubblicazione degli inediti, in continuità con il lavoro intrapreso dallo stesso Secchia con i due «Annali dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli» dedicati alla storia del Pci.
Nonostante le pressioni del Partito, testimoniate da alcune lettere di Luigi Longo, il 15 gennaio 1974 le "Norme per la gestione e l'utilizzazione del Fondo Pietro Secchia" facevano riferimento al trasferimento di «tutto il materiale bibliografico, storico e documentario da Lui lasciato (libri, opuscoli, periodici, cartelle di note e di appunti, ritagli di giornali, manoscritti e dattiloscritti compiuti o incompiuti, testi fotografici o d'archivio, carteggi etc.)» nei locali dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli. Mentre la biblioteca sarebbe stata venduta all'Istituto, la proprietà dell'archivio sarebbe rimasta agli eredi; a un segretario, designato dal Comitato, sarebbe spettato il compito di ordinarlo e inventariarlo.
Pochi mesi dopo, il 9 aprile 1974, Vladimiro Secchia Barzoni affidava ufficialmente in comodato gratuito il "Fondo Pietro Secchia" all'Istituto Giangiacomo Feltrinelli. All'ordinamento e descrizione del materiale cominciò a lavorare Alessandro Vaia, su incarico del Comitato nel frattempo insediatosi nelle persone dello stesso Vaia, di Matteo e Vladimiro Secchia, Arnaldo Bera, Giuseppe Del Bo, Ambrogio Donini, Leo Valiani, Paolo Spriano, Carlo Salinari e, membri designati dalla Direzione del Pci, Giorgio Napolitano e Arturo Colombi. Ne dava notizia «l'Unità» il 7 luglio 1974, in occasione del primo anniversario della morte di Secchia: «Il Comitato ha già predisposto che tutto questo materiale d'archivio e di elaborazione storiografica venga conservato a Milano, nella sede dell'Istituto Feltrinelli [
]. A partire dal prossimo autunno, esso sarà messo a disposizione dei militanti, degli studiosi e soprattutto delle giovani generazioni, alle quali il sen. Pietro Secchia guardava come a un generoso presidio dei valori dell'antifascismo e del rinnovamento di tutta la società italiana; e verrà dato alle stampe, sotto la responsabilità diretta del Comitato, anche per colmare il vuoto che la morte prematura dell'autore ha lasciato nel mondo politico e culturale del nostro paese e nel movimento operaio internazionale».
Il 30 dicembre dicembre 1974 Vaia annunciava ai membri del Comitato di aver lavorato all'esame della documentazione del Fondo, «tolto dai registratori, raccolto e catalogato» in 11 sezioni: A) Corrispondenza di Pietro Secchia con elenco di tutte le lettere; B) materiale per pubblicazioni future; C) Elenco di interventi di Secchia nel CC e in altri organismi dirigenti; D) Corrispondenza suddivisa per cartelle; E) Altri interventi in congressi, riunioni, convegni ecc.; F) Ritagli di giornali suddivisi per argomenti; G) Dattiloscritti di opere di altri autori; H) Relazioni e documenti di viaggi all'estero; I) Discorsi (Resistenza, parlamento e vari); L) Documenti vari (XX Congresso, Questione cinese, Resistenza ecc.); M) Pubblicazioni di Secchia e recensioni. Furono in quella stessa occasione prodotte molte fotocopie dei documenti, di cui il Fondo reca ancora oggi traccia. L'"indice Vaia" fu fatto circolare tra i membri del Comitato e attentamente scandagliato da Giovanni Aglietto, responsabile dell'Ufficio Archivio del Pci, alla ricerca di materiali "riservati" da escludere dalla consultazione: con grande stupore, tuttavia, Aglietti lamentò l'assenza di documenti del periodo della Resistenza (in realtà presenti in archivio, ma non fatti oggetto di descrizione da parte di Vaia) e, soprattutto, di «documentazione d'archivio relativa al periodo 1945-1954», cosa che secondo lui contrastava con il metodo di lavoro di Secchia (lettera ad Armando Cossutta, 27 dicembre 1974). Cominciò dunque a serpeggiare il sospetto che parte dell'archivio - la più "compromettente" per il Partito - fosse stata estratta e nascosta in qualche luogo segreto: una leggenda che per molti anni avrebbe trovato buona stampa, facendo aleggiare sulle carte del dirigente comunista un alone di mistero, in parte alimentato dalle esternazioni di alcuni membri del Comitato (cfr. l'intervista di Ambrogio Donini a «L'Espresso», 9 febbraio 1978: Dall'archivio segreto di Pietro Secchia. Quando denunciai Togliatti a Stalin). In realtà non abbiamo indizi concreti della possibilità che una parte dell'archivio di Secchia sia stato depositato altrove, anche se stupisce l'assenza di documentazione precedente agli anni '50 (con pochissime eccezioni). Non è da escludere che lo scarto possa essere stato compiuto dallo stesso Secchia, magari in occasione dell'affaire Seniga, i cui risvolti documentari (il furto, come si è accennato, di alcuni documenti riservati, ora conservati nell'archivio dello stesso Seniga, acquisito nel 2010 dalla Camera dei Deputati) potrebbero averlo spinto a distruggere parte della corrispondenza e degli appunti. Ma si tratta solo di una supposizione. Ugualmente poco convincente appare (almeno per spiegare l'assenza di corrispondenza per il periodo anteriore al 1954) la spiegazione di Enzo Collotti «che fino al luglio del 1954 Secchia non abbia avuto letteralmente la possibilità materiale e la disponibilità di tempo per tenere un archivio personale altrettanto accurato di quello che poté organizzare a partire dal 1954, da quando cioè ebbe anche - ma non sempre con la stessa continuità - la possibilità di stendere quasi giornalmente il diario al quale affidava il rovello psicologico esploso con il caso Seniga» (Luigi Cortesi e l'archivio Secchia: ovvero come si "monta un caso inesistente, in «Belfagor», 35 (1980), n. 2, p. 215).
Da un punto di vista archivistico va sottolineato che il primo lavoro di ordinamento ("sommaria sistemazione", la definisce giustamente lo stesso Collotti, ivi, p. 210) fu realizzato con finalità del tutto estranee alla stesura di un inventario in senso proprio: ciò che interessava il Comitato era individuare e selezionare gli scritti di Secchia più adatti a essere pubblicati in volume. A questo lavorò, dalla primavera del 1975, proprio Enzo Collotti, curatore dell'«Annale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli», XIX, Archivio Pietro Secchia 1945-1973 (1978). La scelta ricadde allora sulla pubblicazione del Promemoria per una narrazione della mia attività, sui quaderni-diari (1954-1972), sulle relazioni dei viaggi all'estero e su una selezione di corrispondenza con dirigenti del Pci. Nessun cenno, nell'introduzione al volume, allo stato e sul contenuto più generale dell'archivio.
Il Fondo risente in maniera determinante di questa prima operazione di "smontaggio" dell'archivio a scopo di "estrarre" e valorizzare i materiali pubblicabili: è proprio in quel lasso di tempo che va dalla morte di Secchia alla pubblicazione dell'Annale, infatti, che le carte sono state più volte manipolate, copiate, estratte e ricollocate, in modo da rendere molto difficile ricostruire la volontà del soggetto produttore (nonostante i documenti rechino traccia autografa di qualche sua indicazione).
A quanto sappiamo, il Fondo mantenne questa fisionomia fino agli anni novanta, quando fu oggetto di un'operazione di "schedatura" in occasione delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario della Liberazione, in vista della pubblicazione di una Guida alle fonti della Resistenza presenti anche in Fondazione che doveva aggiornare e integrare il volume curato da Laura Conti, La Resistenza in Italia: 25 luglio 1943-25 aprile 1945. Saggio bibliografico, pubblicato da Feltrinelli Editore nel 1961. In quell'occasione, i fascicoli del Fondo a tema Resistenza furono raccolti in una serie ad hoc (114 in 23 buste), e la loro descrizione edita in Resistenza e Costituzione. Catalogo delle fonti conservate presso la Biblioteca e l'Archivio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 1998, pp. 452-460.
Una descrizione del Fondo a cura di Annabella Galleni fu pubblicata nel 1996 in «Annali. Studi e strumenti di storia contemporanea» (4, 1995, pp. 125-161). Risultavano allora 3 serie: a) documenti (sottoserie: documenti; corrispondenza; articoli e discorsi; PCI: congressi e Comitato centrale; Resistenza; varia); b) quaderni (Quaderni del confino; Quaderni 1954-1972; Quaderni su storia della Resistenza; Agende 1967-1973; Rubriche di lemmari per Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza); c) archivio fotografico (19 raccoglitori). Da quel momento in poi la struttura del Fondo è rimasta sostanzialmente inalterata, con una sola differenza: le sottoserie di quella che Galleni definiva serie "Documenti" diventarono serie a sé.
Prima del presente lavoro di riordino il fondo si trovava quindi condizionato in 217 buste e organizzato in 8 serie: Documenti, Corrispondenza, Articoli, Congressi e CC, Resistenza, Quaderni, Varia, Fotografica. Un elenco di consistenza descriveva sommariamente (e con alcuni errori) il contenuto dei fascicoli, numerati progressivamente all'interno di ciascuna busta, ma privi di numero di inventario. Le carte non erano numerate né erano state contate, a esclusione di quelle della serie Resistenza. Le cartelle erano in parte originali, in parte relative all'ordinamento del 1974 e in parte ascrivibili al lavoro degli anni novanta: in molti casi recavano scritte di diverse mani e di diversi periodi, e diverse numerazioni di cui non è stato possibile ricostruire la storia archivistica.
Documentazione relativa alla vicenda dell'Archivio Secchia si trova - oltre che nell'archivio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e nelle carte relative al Fondo donate alla Fondazione da Arnaldo Bera - negli archivi di Luigi Longo (b. 4, fasc. 34) e Giorgio Napolitano (b. 12, fasc. 49) conservati dall'Istituto Gramsci (si ringraziano Francesco Giasi e Cristiana Pipitone per aver messo a disposizione il materiale) e nel Fondo Ambrogio Donini conservato dall'Archivio di Stato di Firenze (unità 65-74). L'archivio del Pci (Istituto Gramsci di Roma) conserva molta documentazione relativa a Secchia e alla sua attività politica; per gli atti parlamentari e altra documentazione a carattere legislativo si rinvia, infine, al patrimonio dell'archivio storico del Senato della Repubblica. Nel 2010 l'archivio della Camera dei Deputati ha acquisito le carte di Giulio Seniga e della moglie Anita Gallussi: cfr. Inventario dei fondi Giulio Seniga e Anita Gallussi, Camera dei Deputati-Quaderni dell'Archivio Storico n. 17, 2017.
2. Primi interventi sulle carte: analisi e schedatura
Nel 2021 il Fondo è stato sottoposto a un intervento di studio, ordinamento e descrizione grazie al finanziamento erogato dal Ministero per i beni e le attività culturali-Direzione Generale Archivi nell'ambito di un bando per interventi su archivi dei movimenti politici e degli organismi di rappresentanza dei lavoratori (art. 1, comma 342 Legge 27 dicembre 2017, n. 205).
Le operazioni preliminari sono consistite nello studio della storia archivistica del Fondo, allo scopo di comprendere le origini e le ragioni del suo (apparente) ordinamento. Per fare questo si è proceduto a un confronto tra "l'indice Vaia" del dicembre 1974 e l'elenco di consistenza in uso al momento dell'inizio dei lavori, redatto intorno al 1995. Dopo qualche scavo è risultato evidente che la struttura e la storia archivistica del Fondo non permettevano di ricostruire in maniera chiara la volontà del soggetto produttore (nonostante l'indice Vaia conservasse qualche riferimento ai "registri" in cui si trovavano originariamente conservate le carte). D'altra parte, gli interventi di sistemazione della metà degli anni novanta avevano in gran parte scompaginato anche il primo assetto dato al Fondo da Alessandro Vaia in occasione del loro trasferimento all'Istituto Giangiacomo Feltrinelli e della selezione di materiali per la pubblicazione. In particolare, la serie "Documenti" e la ipertrofica "Varia" risultavano serie omnibus tutte da indagare e riorganizzare in seguito al lavoro di schedatura.
Le carte sono state contate ma non numerate. Le cartelle contenenti i fascicoli sono state sostituite: si sono mantenute quelle che riportavano indicazioni archivistiche e informazioni. Le buste non idonee sono state sostituite da buste nuove. Si è inoltre proceduto a emendare la documentazione dei punti metallici e delle plastiche non idonee alla conservazione, creando delle camicie con fogli bianchi A3. Le fotografie sono state ricondizionate in appositi contenitori antiacido.
Concluse queste operazioni preliminari, è cominciata la schedatura analitica delle unità archivistiche (fascicoli e sottofascicoli) su software XDAMS, secondo un modello di descrizione di cui più avanti si specificano nel dettaglio gli elementi descrittivi.
Non si è resa necessaria nessuna operazione di scarto. Nel corso del lavoro di schedatura 12 buste presenti nell'elenco di consistenza (bb. 100, 101, 102, 103, 104, 105, 108, 109, 110, 111, 112, 113) sono risultate estranee al Fondo (erroneamente collocate al suo interno nel corso dell'ordinamento degli anni novanta o successivamente): sono state quindi estratte e risistemate nel loro corretto contesto archivistico.
3. L'ordinamento e la descrizione
Conclusa la schedatura si è proceduto all'ordinamento e alla descrizione delle carte.
L'ordinamento ha richiesto una radicale riorganizzazione del materiale, con la costruzione di serie che in parte rispettano quelle già presenti nella precedente struttura (è questo il caso delle serie "Corrispondenza", "Quaderni, agende e documenti personali", "Discorsi, interventi, articoli", "Fotografie") e in parte danno vita a nuove aggregazioni, soprattutto in seguito allo spoglio delle due serie omnibus "Documenti" e "Varia". Sono così nate le serie "Viaggi all'estero", "Materiali di ricerca e di lavoro" e "INSMLI". La serie "Materiali di ricerca e di lavoro" è risultata la più corposa del Fondo: ha inglobato infatti i documenti delle ex serie (ora sottoserie) "Congressi e CC" e "Resistenza" e il materiale relativo alle molte attività di lavoro e di ricerca di Secchia, incluse le sue imprese editoriali (sottoserie "Materiale preparatorio per volumi" e "Recensioni") e l'enorme raccolta di ritagli e documenti a carattere tematico (ora organizzata in fascicoli e sottofascicoli ordinati alfabeticamente nella sottoserie "Raccolta di ritagli e documenti tematici"). Fa eccezione la serie "INSMLI", che mostrava una sua coerenza interna e si è scelto quindi di mantenere separata.
Si è cercato di non smembrare le unità archivistiche se non in caso di errori marchiani o di aggregazioni documentarie senza vincolo archivistico.
Per gli interventi più puntuali si rimanda alle informazioni contenute nelle schede descrittive di serie e sottoserie.
I criteri di descrizione archivistica rispondono alle seguenti caratteristiche: descrizione dal generale al particolare; rappresentazione del contesto e della struttura gerarchica dei vari nuclei documentari; pertinenza delle informazioni a livello di oggetto di descrizione; esplicitazione della posizione dell'unità descritta all'interno della struttura gerarchica. Sono stati descritti i seguenti livelli:
- Soggetto produttore
- Fondo
- Serie
- Sottoserie
- Sottosottoserie
- Unità archivistica (fascicolo)
- Unità archivistica (sottofascicolo)
Per ciascun livello sono stati indicati i seguenti elementi descrittivi: titolo (mantenendo ove possibile quello originale, con la sola correzione degli errori più marchiani), tipologia, date estreme, consistenza, contenuto, codice di classificazione, segnatura (antica e definitiva), collocazione.
La descrizione archivistica ha fatto riferimento alle "Norme per la pubblicazione degli inventari" (circolare del Ministero dell'Interno n.39/1966, Direzione generale degli archivi di Stato, Uffici e pubblicazioni), alle indicazioni impartite dalla Soprintendenza archivistica per la Lombardia e agli standard internazionali di descrizione archivistica, vale a dire alle ISAD (G) (2) e alle ISAAR (CPF) (3).
Il Fondo Pietro Secchia è costituito da 7 serie. Le unità archivistiche sono costituite da fascicoli e sottofascicoli.
Fondo Pietro Secchia - FPS (1921-1973 [1978]; 7 serie, 27 sottoserie, 5 sottosottoserie, 558 fascicoli, 214 sottofascicoli)
FPS.01 Corrispondenza (1952-1973, sottoserie 2)
FPS.01.001 Corrispondenza in ordine cronologico (1952-1973, fascc. 8)
FPS.01.002 Corrispondenza particolare (1954-1973, fascc. 9)
FPS.02 Quaderni, agende e documenti personali (1926-1973, sottoserie 7)
FPS.02.001 Quaderni del carcere e del confino (1929-1942, fascc. 3)
FPS.02.002 Quaderni numerati (1954-1972, fascc. 15)
FPS.02.003 Agende (1967-1974, fascc. 7)
FPS.02.004 Scritti e documenti per un'autobiografia (1946-1953, fascc. 4)
FPS.02.005 Affaire Seniga (1954-1978, fasc. 1)
FPS.02.006 Riservato
FPS.02.007 Tessere (1945-1970, fascc. 7)
FPS.03 Viaggi all'estero (1955-1972, fascc. 12)
FPS.04 Discorsi, interventi, articoli (1945-1973, sottoserie 2)
FPS.04.001 Discorsi, interventi, lezioni (1946-1973, sottosottoserie 3)
- FPS.04.001.001 Discorsi (in cartelle) (1946-1973, fascc. 12)
- FPS.04.001.002 Manoscritti di discorsi (1946-1973, fascc. 25)
- FPS.04.001.003 Lezioni (1947-1971, fascc. 9)
FPS.04.002 Scritti (1945-1973, fascc. 47)
FPS.05 Materiali di ricerca e di lavoro (1921-1973, sottoserie 7)
FPS.05.001 Raccolta di ritagli e documenti tematici (1939-1973, fascc. 58)
FPS.05.002 Raccolta di ritagli e documenti sul PCI e attività politica di Secchia (1921-1973, fascc. 71)
FPS.05.003 Raccolta di ritagli e documenti sulla Resistenza (1939-1973, fascc. 119)
FPS.05.004 Materiale preparatorio per volumi (1926-1973, fascc. 14, sottosottoserie 1)
- Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza (1926-1973, fascc. 10)
FPS.05.005 Scritti di altri (1959-1967, fascc. 15)
FPS.05.006 Recensioni (1958-1973, fascc. 10)
FPS.05.007 Documenti di altri (originali) (1926-1950, fascc. 7)
FPS.06 Istituto di Storia del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI) (1961-1973, fascc. 12)
FPS.07 Fotografico (fine '800-1971)
FPS.07.001 Viaggi all'estero (1947-1971, fascc. 25)
FPS.07.002 Manifestazioni, comizi, convegni (1945-1970, fascc. 30)
FPS.07.003 Resistenza (1943-1965, fascc. 15)
FPS.07.004 Fascismo e nazismo (1939-1945, fascc. 4)
FPS.07.005 Ponza e Ventotene (1936-1964, fasc. 1)
FPS.07.006 Personali (fine 800-????, fascc. 6)
FPS.07.007 Album fotografici (s.d., fascc. 6)
FPS.07.008 Varie (1906, s.d., fascc. 3)
FPS.07.009 Cartoline (1959-1969, s.d. fasc.1)
Il Fondo è condizionato in 558 fascicoli e 214 sottofascicoli, collocati all'interno di 231 buste e 18 album fotografici.
La numerazione delle unità archivistiche è unica e progressiva per tutto il Fondo. Nella segnatura definitiva, alla sigla del Fondo (FPS) seguono il numero della serie, della sottoserie (quando presente), della sottosottoserie (quando presente), del fascicolo e del sottofascicolo (quando presente).
Mariamargherita Scotti, 6 novembre 2021
Il lavoro di ordinamento è descrizione è stato condotto in collaborazione con Serena Rubinelli.
- Fondo Felice Anzi
- Fondo Angelo Tasca
- Fondo Tomás Maldonado
- Fondo Andrea Costa
- Fondo Osvaldo Gnocchi Viani
- Fondo William James Linton
- Fondo Mauro Macchi
- Fondo Fabrizio Maffi
- Fondo Luigi Musini
- Fondo Constantin Pecqueur
- Fondo Louis Eugène Varlin
- Rinaldo Rigola
- Fondo Leo Valiani
- Fondo Enrico Bignami
- Fondo Lodovico Calda
- Fondo Felice Cavallotti
- Fondo Pietro Secchia
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